L’ultimo anno ha devastato il settore cultura e intrattenimento.
Molti professionisti si sono dovuti confrontare con la totale impossibilità di svolgere il proprio lavoro, con la conseguente chiusura di centinaia tra teatri, live club, circoli culturali.
Il mondo degli spazi culturali se la passava piuttosto male già da un pezzo e la pandemia di SARS-CoV-2 non ha fatto che accelerare il declino, soprattutto in ambienti periferici, di un settore che è necessario sia nel creare occupazione che per migliorare la qualità di vita di una comunità.
Ho seguito con interesse le manifestazioni che a livello nazionale han provato a sensibilizzare cittadini e politica sull’assoluta precarietà e incertezza della situazione: dagli operatori coi Bauli in Piazza Duomo, all’Associazione “LA MUSICA CHE GIRA” fino al flash mob digitale di “L’ULTIMO CONCERTO”, che è riuscito a creare un dialogo con il MiBACT.
Dopotutto quale migliore occasione del post-catastrofe per provare a ricostruire qualcosa?
Naturalmente è difficile aprire un discorso di ricostruzione in un territorio dove ormai non si vedono più neanche le rovine.
Solo realtà come il Roccella Jazz Festival ed alcune attività legate al clubbing sono riuscite ad affermarsi nell’era pre-covid ed entrambe oltre alla capacità organizzativa ed imprenditoriale di chi le porta avanti, hanno incontrato grande supporto della politica e della comunità.
Brunori Sas al Roccella Jazz Festival 2020 - video pubblicato da Telemia
Certo, alcune cause maggiori son ben più grandi del settore stesso. Il progressivo impoverimento del territorio ha tolto risorse che avrebbero potuto essere investite in attività culturali e nello spettacolo e il vivere in una situazione di continua emergenza politica di molti comuni ha fatto in modo che la gestione economica degli eventi fosse quanto mai confusa e poco strutturata.
Inoltre, la lontananza dai grandi centri universitari ha fatto venire meno la presenza costante sul territorio di una fascia d’età (18-30 anni) fondamentale non solo per la partecipazione ad eventi e fruizione di contenuti culturali ma anche per la creazione di uno zoccolo duro di controcultura, vitale per fare da forza propulsiva ad arte e e spettacolo. Non a caso l’unica finestra che rivitalizza il comprensorio è quella estiva, quando rientrano i fuorisede.
Sono problemi che non si risolveranno se la Locride non sarà in grado di riorganizzarsi e rinascere dal punto di vista economico e sociale. Forse il post-covid può riservare sorprese proprio in questo, nel creare possibilità per chi rientra e per chi è spinto dalla volontà di ricostruire, supportato dagli investimenti che si spera arriveranno dal NEXT GENERATION EU. Certo è che al momento la situazione è da “zona rossa” economica, sociale, culturale.
Vorrei usare questo spazio per innescare una discussione.
Come si può fare un primo passo per immaginare un futuro culturale e artistico nella Locride?
Inizio a dare qualche spunto1:
E’ necessario legittimare la propria presenza. Non vorrei chiamarlo lobbismo, ma lo è. Molte frange del mondo culturale sono rimaste spesso escluse dalla gestione delle risorse indirizzate a spettacolo ed arti per un semplice motivo: la presenza e influenza a livello politico è inesistente. Difficile convincere qualcuno delle proprie necessità se non vengono rappresentate con la dovuta tenacia. Chi detiene migliori rapporti con chi gestisce gli uffici pubblici di solito takes it all. Basta guardarsi attorno per vedere i risultati di questa mentalità. Soprattutto in vista dei possibili investimenti che verranno, è essenziale che chi ha interessi comuni si ritrovi e si organizzi efficacemente per un piano che riesca a convincere l’assegnazione di risorse lì dove servono. Ma il rapporto mondo culturale-amministrazioni locali non deve fermarsi ad una mera suddivisione degli spettacoli per le feste patronali, bisogna saper guardare oltre. Legittimare vuol dire anche migliorare il dialogo tra artisti, intrattenitori e media, creare una rete più forte in modo che gli uni possano diffondere al meglio i propri prodotti e creare familiarità nel territorio in cui nascono e crescono.
Mancano i soldi. Sì, ma soprattutto mancano gli spazi. I locali e i pub son sempre meno e non bastano a sostenere i processi sociali necessari a riattivare la volontà di stare insieme per condividere esperienze comuni e prodotti artistici e di intrattenimento. Certo, ci si augura che possano riaprire e fiorire sempre più attività del genere, ma nel frattempo dobbiamo pensare a come riqualificare la gestione dei luoghi di proprietà pubblica. Servono gli spazi e c’è bisogno dell’aiuto delle amministrazioni locali. Senza la loro partecipazione attiva e illuminata abbiamo perso in partenza. Servono strutture che possano incentivare gli incontri, la socialità, la partecipazione. I Comuni spesso hanno tanti edifici lasciati inutilizzati, associandosi si può chiedere la gestione di certi spazi per fini culturali. Certo, da subito non si può far fruttare l’attività affidata, ma non dovrebbe essere neanche l’obiettivo principale. Servono amministratori lungimiranti che diano tempo e supporto a chi può portare idee utili in modo che possano fiorire.
Le difficoltà son parecchie e la fine delle restrizioni dovute al Covid sembra ancora lontana. Ma è questo il momento per iniziare a confrontarsi. Innanzitutto con noi stessi.
Cosa desideriamo dal futuro? Un ritorno alla situazione pre-covid o qualcosa di nuovo e migliore? Sarà condiviso o più solitario?
Sarebbe bello sentire altri punti di vista, parlarne per davvero.
Non ci sarà qualcun altro ad immaginarlo per noi.
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A conclusione di ogni newsletter aggiungerò un disco o una playlist.
Per LCS#00 vi consiglio:
Genere: Ambient, Ambient Dub.
Descrizione: Notturno, Etereo, Intenso, Strumentale.
Coatcheck di Florian T M Zeisig è un disco ambientato in un locale notturno - un posto dove la gente va per evadere dalla realtà di una quotidianità devota al lavoro e per liberarsi dalle inibizioni.
Ma dalla prospettiva dell’artista, che in questo caso nel club ci lavora come addetto al guardaroba.
Ogni traccia presenta una diversa collocazione all’interno del locale, così come una specifica attività e umore del lavoratore.
Coatcheck è un disco concettuale e medita su uno spazio che si suppone sia di liberazione e libertà, ma che per molti versi è solo un altro luogo di precarietà per chi ci lavora.
Potete trovare Coatchek su Bandcamp, streammarlo gratuitamente ed eventualmente comprarlo al prezzo che preferite. E’ pubblicato da Enmossed, etichetta situata in Maine che produce solo vinili da materiali riciclati.
Tutti i proventi vanno a Women in Exile.
le mie impressioni si concentreranno soprattutto sui meccanismi legati alla musica dal vivo, semplicemente perchè è la dimensione che conosco meglio. Ma sono sicuro che il ragionamento di fondo possa valere anche per altre attività.
Mancano gli spazi, sicuramente, e manca anche una cultura del live. Sono entrambe cose che si costruiscono col tempo, ma io sono fiducioso nella voglia che si avrà di vedere e ascoltare cose dal vivo quando ci sarà un liberi tutti post-covid. Bisogna un po' prendere le redini e creare delle nuove situazioni associative con le quali spiegare che la musica sul territorio può anche esulare dalla chitarra battente e dai tamburelli. Non è facile, ma va fatta un'opera di divulgazione e di educazione. Venti persone interessate che partecipano attivamente sono meglio di ventimila views.