Lettere dal fronte #8
Buona domenica,
nelle lettere di oggi il soggetto saranno i dischi che ho ascoltato di più nelle mie ultime due settimane tra esami e poltroncine di Italo.
Iniziamo.
Per la sua capacità di intercettare credibilità tra platee diverse, da Compton ai Pulitzer, in pochi potrebbero obiettare che Kendrick Lamar non sia il rapper del decennio appena passato.
Lo è stato a modo suo: con meno bangerz rispetto ai coevi e senza il dover rincorrere le sonorità più innovative del momento, ma con tecnica, un grande storytelling e la capacità di rappresentare sé stesso e la sua comunità, nonché l’America, da angolazioni inedite.
Se, come sosteneva Simon Reynolds quasi 30 anni fa, l’hip hop deve il suo status di genere dominante grazie alla capacità di riflettere e, in parte, deformare una “realtà” modellata dal tardo capitalismo e dalle sue nevrosi, in Mr Morale & The Big Steppers, il concetto di realness viene sovvertito: ciò che avviene nella stanza dello psicologo, tra le mura domestiche o tra le pareti del tuo cervello è ben più reale di ciò che avviene nelle strade.
E’ bastato un disco per trasformare gli Arcade Fire da pupilli dell’indie a relitti di un mondo passato a cui non si perdona nulla, con la missione impossibile di redimersi davanti ad un pubblico che ha inevitabilmente cambiato richieste estetiche.
WE ha i suoi buoni momenti (Age of Anxiety I, Race and Religion, End of The Empire I-III), ma la fine dei tempi che vuole raccontare non è abbastanza epica e universale nonostante provi disperatamente ad esserlo, tanto che il “noi” del titolo fatica ad abbracciare la platea a cui si rivolge, allontanando ancora un po’ di più Win Butler e soci da quella sorta di comunione tra collettivo e pubblico che sta alla base dei loro momenti più alti.
I Post Nebbia sono il miglior giovane gruppo italiano.
Sarà forse la quindicesima volta che lo scrivo, ma mi sembra necessario ripeterlo in vista dell’uscita del loro nuovo disco: Entropia Padrepio.
Con un non troppo velato sarcasmo verso chi cerca soluzioni semplici (Cuore Semplice, Pensiero Magico) e un ben più riuscito fervore tra l’erotico e il mistico, scaturito dall’assenza di un’Entità superiore che gli si palesi ad indicargli la via (Voce Fuori Campo, Viale Santissima Trinità), Carlo Corbellini proietta sé stesso al di là dell’alienazione da cameretta di Canale Paesaggi, in una dimensione di ricerca spirituale dove religioso e alchemico si fondono ad un suono di neo-psychedelia che non ha nulla da invidiare ad altri artisti internazionali.
Mi piace Big Time? No.
Angel Olsen è una della migliori cantautrici americane contemporanee? Sciapò.
Il disco è arrangiato in modo sapiente e stiloso? Sciapò
Sta prendendo voti altissimi dalla critica internazionale? Sciapò.
Mi è piaciuto il disco precedente “All Mirrors”? No.
Parere mio personale, sbaglierò? Amen.
Per me è la sorpresa, l’imperfezione…