L’ultima settimana mi ha messo a dura prova.
I Black Country, New Road sono il perfetto prototipo di gruppo rock sperimentale per zoomers. Attorno ad una mai ostentata perizia strumentale e a sfuriate elettriche sempre ben dosate (gli eccessi kitsch degli anni ‘90 in qualità di distorsioni per le chitarre sono ricordi lontanissimi), hanno saputo costruire una formula complessa e personale senza rinunciare a sguaiatissime citazioni pop e ad un linguaggio che sfonda la quarta parete degli schermi dei MacBook dei loro ascoltatori tipo.
Ma soprattutto nella loro attitude, ancora più che nei contenuti, incarnano lo spirito del tempo. Nel rifuggire dal mito edonistico del rock e nell’attenzione a rivolgere le proprie nevrosi esclusivamente verso sé stessi, c’è una consapevolezza nell’affrontare i propri disturbi mentali radicalmente diversa rispetto ai decenni precedenti e nel caso dell’ex frontman e autore Isaac Wood, che si tira fuori spontaneamente dal gruppo prima della catastrofe, c’è la più grande differenza artistica tra il nuovo rock e quello vecchio, ancora più che nella scelta dei suoni e dei gesti.
Ascoltando il loro disco d’esordio For The First Time (2021, Ninja Tune) ho digrignato i denti per tutto il tempo.
I Big Thief sono uno dei gruppi indie rock più in vista d’America. Il motore del gruppo è il prolifico e originale songwriting di Adrianne Lenker, che indiscutibilmente possiede quell’intensità con cui il mito moderno identifica il talento. Con il resto del gruppo, perfettamente a suo agio ad articolare con gusto i codici musicali del folk, del rock e non solo, Lenker è una perfetta anti-diva: un po’ naif, un po’ selvaggia e sempre capace di articolare mondi nei suoi racconti. E’ un gruppo con l’attitudine da busker che ce la fa in un mondo di brand.
Eppure ho avuto grande difficoltà ad andare oltre la quinta canzone dei loro dischi UFOF e Two Hands (entrambi 2019, 4AD).
I Black Country, New Road e i Big Thief sono molto diversi ma li accosto perché in loro vedo alcune affinità:
Sono innanzitutto due gruppi che negli ultimi anni hanno trovato un grande successo di critica. In Italia potrebbe sembrare sconvolgente, ma all’estero le band sono organismi che ancora riescono a funzionare regolarmente, senza sensazionalismi.
Sono entrambi formati da musicisti estremamente competenti, con percorsi accademici di primo livello. Le loro capacità si riflettono nella loro musica, dove le storture caratteristiche dei generi che suonano vengono regolate, maneggiate con consapevolezza.
Si inseriscono in due tradizioni musicali che vivo con passione ma, e qui arriva il punto, i loro dischi non mi sono piaciuti.
Il songwriting di For The First Time mi sembra sopra le righe ma sconclusionato, seppur accompagnato da strumentali efficaci e trascinanti.
In UFOF ho interpretato tanta maniera e una visceralità dovuta più all’ottimo livello delle esecuzioni che alle idee messe in campo.
Niente accende le mie idiosincrasie più di qualcosa che si suppone debba piacermi e non lo fa, che conquista la critica e le community online e io non vi partecipo, che oggettivamente rivela delle qualità ma io non le comprendo.
E visto che mi piace avere ragione, sono pronto a passare ore, giorni, settimane ad argomentare il perché la mia opinione sia valida, perché consideri certi gruppi come sopravvalutati, ad elogiare progetti simili che preferisco, scrivere su Reddit, Facebook, Twitter il perché tutti si stiano sbagliando.
Ma questa è stata una settimana che mi ha messo a dura prova.
Perché sono usciti i loro nuovi dischi e li sto amando.
Ascoltateli, comprateli, fate quello che vi pare: